Il fuoco è un elemento che compare spesso e in punti strategici nei racconti della Bibbia: 525 volte dalla Genesi all’Apocalisse. Esso ha significati diversi, o meglio, è portatore di messaggi diversi. A volte, come per Sodoma e Gomorra (Gen 19,24) o come per gli Egiziani (Es 9,24), porta punizione. Altre, come nel caso del roveto ardente avvistato da Mosè, è portatore di una rivelazione.
Vediamo un po’ da vicino la vicenda di Mosè perché ci permette di cogliere alcuni riflessi del volto del Signore.
Mosè, mentre cammina sui monti, vede un roveto che «ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava» (Es 3,2). Incuriosito, si avvicina, e dal fuoco si sente chiamare per nome. Poi scopre che quella voce è la voce del Dio vivente.
Il Signore è potente come il fuoco, ma non consuma né distrugge. Non è come i potenti di questa terra che si servono degli altri per tenersi in vita. Il Signore attira a sé rispettando la dignità di Mosè, infatti lo chiama per nome e inizia un dialogo con lui, come tra amici.
Dio si rivela in questo modo, con rispetto e delicatezza, ma con l’intensità del fuoco, e la sua presenza imprime un segno, proprio come la bruciatura lascia una cicatrice. Tutto questo però non è successo solo a Mosè, egli stesso ricorda a tutto il popolo che «Il Signore sul monte vi ha parlato dal fuoco faccia a faccia» (Dt 5,4). È un’esperienza che possiamo fare pure noi.
Sfogliando la Bibbia scopriamo che Geremia profeta paragona la Parola di Dio al fuoco: «Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!”. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo» (Ger 20,9).
Il fuoco è ancora simbolo della prova e della purificazione che fa bene al cuore. È uno strumento che Dio adopera per distinguere e separare in noi ciò che è prezioso da ciò che non lo è (Per esempio nel Salmo 26,2). Ma il ruolo più significativo del fuoco è quello di essere immagine dell’amore, umano e divino insieme. Così è scritto nel Cantico dei Cantici: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!».
Da questi veloci richiami scopriamo che il fuoco esprime la bellezza e l’intensità della vicinanza, così come è segno della forza della parola e dell’amore che purifica e risana. E per noi questo non è semplicemente una bella metafora, per noi tutto questo è molto concreto. Crediamo infatti in Gesù, il Figlio di Dio venuto a battezzarci in Spirito Santo e fuoco, venuto ad immergerci nello Sprito, lo Spirito dell’amore (Cf. Mt 3,11). Gesù, come Geremia, brucia dal desiderio di estendere su tutti questo dono: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).
Come Mosè, lasciamoci attirare dal fuoco del Signore, lasciamoci incendiare da esso senza paura di essere consumati. Come Geremia lasciamo che la parola di Dio scateni in noi tutta la sua forza. E come i discepoli a Pentecoste, sui quali la Parola si era posata come una lingua di fuoco, usciamo anche noi dalle nostre chiusure e portiamo a tutti il fuoco del Vangelo, il fuoco della carità.
p. Jonathan