Messaggio per la Santa Pasqua 2021
“Per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53,5).
“Mostrò loro le mani e il fianco” (Gv 20, 10).
Carissimi,
poniamo questo lungo tempo di sofferenza, di preoccupazione e di paura tra queste due sponde della Parola di Dio: il servo sofferente (Is 53) e il Crocifisso-Risorto (Gv 20). In questa condizione non ci sentiamo solo minacciati, ma anche protetti e sicuri.
Innanzitutto c’è la misteriosità della sofferenza dell’uomo, catapultata, compressa e concentrata nella persona di Gesù, servo sofferente, “uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia” (Is 53, 3). Senza cadere in una patetica drammatizzazione, anche noi in questo tempo ci stiamo coprendo la faccia. Quale valore ha questo gesto? È per la difesa reciproca non dal fratello ma dal virus. Questa è la risposta immediata e autentica, ma deve liberarsi dal rischio di scivolare nel disprezzo, nella vergogna e nella separazione. Aspettiamo come liberazione il momento in cui si squarcerà come il velo del tempio e ci rivedremo faccia a faccia. Siamo tutti ad immagine e somiglianza del Creatore e del Crocifisso glorificato. Ora vediamo anche in quella mascherina il Cristo uomo dei dolori o, secondo l’arte scultorea napoletana, il Cristo velato. Quel velo non toglie alle piaghe del Crocifisso la potenza guaritrice e salvatrice; esso diventa il manto della giustizia e della misericordia divine, da cui è avvolto il Signore e in cui Egli avvolge ogni uomo e ogni donna. Giustizia e misericordia ci giustificano e, per grazia, ci salvano. La tenerezza misericordiosa di Dio Padre avvolge l’umanità sofferente del Figlio per raggiungere l’umanità nostra sofferente, peccatrice e votata alla morte. Per quel delicato e trasparente velo della misericordia, il Padre “ci ha gratificati nel Figlio amato” (Ef 1, 7). Il velo non fa da filtro alla grazia salvatrice, ma rende le ferite e le piaghe causa e strumento di salvezza. Esse raccontano il percorso della salvezza universale nel corpo di Gesù, Uomo-Dio: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia: dalle sue piaghe siete state guariti” (1Pt 2, 24). In questo tempo è giusto annunciare la nostra salvezza senza scorciatoie: sono stati necessari il percorso della croce, che non si cancella, ma salva, la forza delle piaghe e delle ferite, che non scompaiono ma danno la guarigione. La loro potenza guaritrice è liberante e dispone il vero discepolo alla sequela del Signore. Esse comunicano misericordia e offrono l’esempio da seguire: “Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme” (1Pt 2, 21). Le piaghe di Cristo sono le orme a cui consegnare le nostre ferite, perché, ricevendo guarigione e grazia, diventino strumento di cura, attenzione e guarigione reciproca. Le ferite dell’umanità si incontrano nelle piaghe di Cristo per un vero cammino di fede, che segni il passaggio dall’essere erranti come pecore all’essere ricondotti al Pastore e custode delle nostre anime (cfr. 1Pt 2, 25).
In questo tempo turbato e triste, siamo chiamati ad uscire dalla chiusura individualista e dalla sterile commiserazione. Noi cristiani dobbiamo rafforzare la fede in Gesù, Buon Pastore, che ha dato la vita per le sue pecore e le raduna e le custodisce con le sue orme, impresse come ferite nella sua vera umanità per la nostra fragile umanità. In questa Pasqua viviamo l’esperienza degli apostoli di fronte al Risorto che mostra le cicatrici “delle mani e del fianco” (Gv 20, 20) e di San Tommaso che le cerca come segno per credere. Gesù invita Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani, tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!” (Gv 20, 27). Noi siamo chiamati a credere vedendo nelle mani dei fratelli e delle sorelle, come anche nelle nostre, i segni del Crocifisso-Risorto, che continua nell’umanità il suo percorso di dolore salvato e salvifico. Non dobbiamo toccare le ferite da increduli, ma come credenti nella Pasqua di Risurrezione, prendendoci cura dell’umanità sofferente con la dolcezza dell’amore fraterno. In questa Pasqua viviamo con Cristo il passaggio dal velo che nasconde, al velo che trasuda misericordia, dal velo che protegge le ferite al velo che le presenta come orme da seguire, dal velo che annuncia la novità del corpo risorto al velo che fa sentire la bellezza del comandamento nuovo dell’amore: “Vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in Lui e in voi perché le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera” (1Gv 2, 8). Sfolgori per tutti il sole di Pasqua, risuoni il cielo di canti, esulti di gioia la terra, perché Gesù è risorto e ci precede.
+ Pasquale Cascio
arcivescovo