Spesso mi sento solo e abbandonato, non solo dalle persone che mi circondano, ma soprattutto dal Signore. Prego e continuo a sperare, ma perché sembra vana anche la preghiera e continuo a sentire il Signore lontano da me?
L’esperienza del sentirsi lontani da Dio è comune a molte persone, ma presentissima nella vita dei santi. Il Signore permette questo stato spirituale che dovrebbe aiutarci a comprendere che cosa è la nostra vita lontani da Dio. Tutto ciò dovrebbe aiutarci ad amare i lontani perché, pur avendo tutto, senza il Signore nulla ha senso. Dio è persona e nella sua libertà è libero di non rispondere. Egli è assoluto che etimologicamente vuol dire sciolto, cioè non dipendente dai nostri desideri. Il rischio sarebbe un Dio jukebox, usando una immagine di quando ero ragazzo, metti la monetina, scegli e ottieni. Un vero amico si prova nella fedeltà. Ciò è vero soprattutto nella preghiera. Fermarsi a una preghiera consolatoria è molto pericoloso perché il rischio è amare il nostro io e non Dio. Madre Teresa di Calcutta, San Giovanni della Croce e tantissimi santi hanno provato questo stato. Loro però sono rimasti fedeli alla preghiera. Soprattutto quando si vivono questi momenti il rischio è lasciar perdere, mentre è fondamentale dedicare più tempo all’ascolto della Parola, alla meditazione e alla adorazione. Sant’Ignazio di Loyola insegna che mentre si sente di allentare la preghiera, è quello il momento per dedicare il doppio del tempo all’orazione. Il Signore permette il deserto ma non ci lascia lì, permette la sua apparente assenza ma non ci lascia solo, come il Padre non ha lasciato solo il Figlio suo sulla croce.
Preghiamo gli uni per gli altri
Don Salvatore Sciannamea